Dicono sia un un profugo sbarcato a Lampedusa: è vero?

di Shadow Ranger |

bufala sindaco di lonigo
Dicono sia un un profugo sbarcato a Lampedusa: è vero? Bufale.net

Ci segnalano i nostri contatti una foto rubricata Dicono sia un profugo sbarcato ieri a Lampedusa…è vero?, che vi mostriamo di seguito

Dicono sia un profugo sbarcato ieri a Lampedusa...è vero?

Dicono sia un profugo sbarcato ieri a Lampedusa…è vero?

Siamo di fronte alla solita trappola da mematore a cui siamo sempre stati abituati. Il complottista diffonde volutamente un contenuto artefatto e mistificato in modo da pilotare l’opinione pubblica.

È la stessa strategia della gogna social tanto cara sia ai complottisti che alle varie comunità alt-right meme che affollano la Rete, con effetti grotteschi come provocare una mezza strage in una pizzeria accusata di ospitare rituali pagan-masso-satanici a base di pizze con salamella di infante o riempire la mente dell’attentatore di Christchurch di ragioni per il suo considerato odio.

Il “gognatore” fingendo e simulando un “innocente” dubbio dettato dall’ignoranza getta letteralmente un prosciutto nella vasca dei piranha, e si ritira guardando l’indinniazione social di persone ignare della bufala in cui sono capitate. Notare che il volto del profugo l’abbiamo dovuto censurare noi: il mematore si è rifiutato di farlo, per dare un bersaglio in più all’odio social.

Ora guardate meglio le foto che il Pifferaio Mematore Magico, d’ora in poi per gli amici PMM mostra.

Egli vuole farvi credere che ci sia un immigrato con una giacca e un cellulare costosi, un profugo sbarcato a Lampedusa e che quindi sia più ricco del commentatore medio, che quindi sarà portato a vomitare il suo livore.

Riflettiamo assieme sulla cosa: l’abbiamo già fatto in passato.

Ma prima una doverosissima premessa: è evidente dalle foto che il PMM ha mostrato che quella non è una costosa giacca della Juventus.

Guardate il marchio: sulla giacca del “profugo sbarcato a Lampedusa”, ammesso che lo sia, è una copia evidentemente di sottomarca, un taroccone di quelli reperibili al mercato a pochi euro.

Guardate il logo e la stoffa: del tutto diversi.

Del resto, come abbiamo avuto di spiegare in altre situazioni, i vestiti che i migranti indossano sui barconi non sono quelli con cui partono, distrutti per evidenti ragioni igieniche, ma sono quelli donati per beneficienza e destinati ad essere nuovamente cestinati all’arrivo.

È evidente che qualcuno abbia donato vestiti presi dal mercato, è anche possibile che il profugo abbia comprato delle vesti pezzotte al mercato.

E per quanto riguarda il cellulare, di quello ne abbiamo parlato profusamente.

La retorica nazionalpopolare del profugo che deve essere un miserabile, un tapino morto di fame privo di ogni possibile avere, è, appunto, la fantasia di un Fernandello (il povero figliolo dello sfortunato Mariottide televisivo) che per rendere la sua vita meno insopportabile ha bisogno di immaginare che il suo “nemico” sia conciato peggio di lui perché l’alternativa sarebbe guardarsi allo specchio e provare odio per le macerie della sua esistenza.

L’immagine del migrante come un miserabile poveretto per nascita è, essa stessa, un atto di inqualificabile xenofobia. Sovente il migrante è qualcuno che, quando le cose gli andavano bene aveva quello che avevamo tutti noi. Una casa, un lavoro, degli amici, dei risparmi, e che per una serie di situazioni che vanno dal conflitto alla carestia si ritrova a perdere ogni mezzo di sostentamento.

Ma anche così, sul cellulare (del quale nella voto non si vede il modello), avemmo modo di dirvi che è almeno dal 2014 che lo scrivente ve ne parla di questa storia dei “cellulari degli immigrati”, anche più volte nell’arco di uno stesso anno e periodicamente i nostri collaboratori devono sottoporre tutti ad un ripassino.

Un cellulare, ricordavo all’epoca, è molto più che il costoso oggetto del desiderio che pagate vendendovi anche l’anima per avere l’ultimo modello di iPhone e giocare a Candy Crush fino allo sfinimento.

Con soli cento euro circa, ma salendo di prezzo naturalmente sale la qualità, è possibile per chiunque ottenere un dispositivo, i famigerati cellulari degli immigrati che sia contemporaneamente:

  1. Un GPS non di precisione militare, ma abbastanza preciso da sapere in ogni momento, in ogni luogo dove ti trovi
  2. Un dispositivo in grado di metterti in contatto coi tuoi cari anche se sei fisicamente lontano da un centro abitato
  3. Una macchina fotografica con memoria dove stivare i ricordi di una vita che hai dovuto lasciarti alle spalle
  4. Una memoria di massa dove conservare documentazione preziosa ai fini dell’ottenimento dello status di rifugiato

Uno Smartphone sostituisce dispositivi e necessità che un tempo avrebbero richiesto un costo ben più elevato per essere soddisfatte, e tutti necessari: alcuni, prosaicamente, alla sopravvivenza, altri come contatti coi propri cari e con la propria vita passata.

Vita passata che, ricordiamo, un tempo poteva anche essere stata felice e con le risorse necessarie per comprarselo un cellulare.

A parte il fatto che molti dei costosi cellulari degli immigrati che gli occhi di falco a casa possono aver visto sono, probabilmente cloni made o import in Dubai con le fattezze dei brand del desiderio, ma un prezzo infimo.

Infine, sempre ai nostri occhi di falco, ricordammo già all’epoca che una foto che raffigura alcune persone di colore con un telefonino in mano non sempre è la foto di un gruppo di immigrati che hanno comprato quegli strumenti coi soldi datigli dagli Italiani.

Una persona di colore con uno smartphone in mano è semplicemente… una persona di colore con uno smartphone in mano. Nessuno può distinguere, tra diverse persone di colore con un cellulare, e guardandone solo l’immagine, quali di quelle persone siano rifugiati, profughi, immigrati o cittadini, e come siano venuti in possesso di quei cellulari.

Dicono sia un un profugo sbarcato a Lampedusa? Probabile.

Era egli vestito di ricche vesti e con un costoso cellulare? Del tutto escluso.

Esiste inoltre una variante di questa bufala arricchita di un triste raccontino della serie emaallorailPD che insiste sulla presunta (e abbiamo dimostrato irrilevante a meno che di una crisi improvvisa di “rosico” abbienza del “profugo sbarcato a Lampedusa”). Racconto che recita grossomodo così

“Quindi, riepilogando la faccenda dei profughi ….
Partono da casa perchè c’è una qualche guerra che conoscono solo loro, attraversano il deserto senza nulla appresso, arrivano in Libia dove vengono tutti catturati dai libici cattivi che li rinchiudono nei loro lager e li torturano per anni.
Ovviamente ci sono anche donne e bambini e anche loro hanno attraversato il deserto e sono stati torturati per anni.
Poi però, scappano in migliaia, perchè ovviamente nel lager libico i torturatori si sono distratti.
Si sono distratti talmente tanto che i migliaia che scappano hanno con loro lo smartphone da 800 euro sempre carico, sì perchè la loro batteria si ricarica con il sole del deserto o forse con il ghibli che facendo girare una paletta eolica portatile produce una ricarica ecosostenibile.
Arrivano sulla spiaggia e, ovviamente, hanno in tasca quei 1500-2000 euro che gli esperti del PD dicono siano il prezzo da pagare agli scafisti. Li hanno perchè a casa loro avevano tutti 2000 euro da investire e perchè i torturatori libici si sono dimenticati di sequestrarli, impegnatissimi a vigilare affinchè donne e bambini non scappassero dalle loro amate torture che durano anni.
Comunque salgono tutti sul barcone e, sfiga delle sfighe, alcuni di loro, dopo aver scampato la guerra, attraversato il deserto, subito anni di torture nei lager libici, alcuni affogano in mare a cento metri dalla libia. Che sfiga.
Ecco però che passa una nave, raccoglie i superstiti e arrivano in Italia, dove ci sono i razzisti e i fascisti che non li vogliono mantenere, ma per fortuna una luce in fondo al tunnel … arriva quello intelligente del PD che li guarda negli occhi e coglie le loro sofferenze.
La storia ha un lieto fine”.

Ignorando che effettivamente sulla tragedia dei Lager Libici non c’è assolutamente niente da scherzare e ridere ben riparati dietro un monitor.

Ignorando che abbiamo appena dimostrato che la favoletta dei cellulari da 800 euro è solo un osso spolpato da gettare alla rabbia della Plebaglia dell’Internet.

Ignorando che accusare i migranti di avere i soldi per gli scafisti ma non per prendere l’aereo è più che tre volte stolto, dato che, scrivemmo già in tempi non sospetti, si tratta di un Catch-22, un circolo vizioso che proveremo a spiegare alle vostre menti ottenebrate dalla troppa violenza nei videogiochi esattamente come se fosse un videogioco.

Cominciate la vostra partita in un paese dove siete vittima di discriminazione, guerra, conflitto… dove vi è insostenibile infatti l’esistenza.

Vi recate così in comune per chiedere i documenti.

Trovate le stesse persone che vi hanno reso vittima di discriminazione e guerra, incarnate da un omino con un machete che vi stacca la testa come si farebbe con un melone maturo. Game Over.

Inserite così un nuovo gettone, e provate ad investire i vostri soldi un un biglietto aereo.

Al check-in vi chiedono i documenti. Che non avete. Dovete quindi tornare dall’omino col machete. Game Over.

Come spiega con un linguaggio forse più in legalese, ma chiarissimo, l’avvocato Paggi interpellato da VICE

Secondo il legale, la spiegazione è molto semplice: “L’Europa è una fortezza blindata nella quale non si entra dalla porta principale.” Le quote per i flussi migratori “sono sostanzialmente bloccate. Attualmente esiste la possibilità di ingresso solo per investitori di somme considerevoli, come lavoratori autonomi o imprenditori; oppure lavoratori altamente specializzati—il che significa anche altamente retribuiti,” afferma Paggi.

Ed è chiusa anche per chi volesse fare domanda d’asilo politico: per fare la richiesta, infatti, bisogna essere presenti nello stato, non si può agire tramite ambasciate, né ottenere un permesso temporaneo per andare a chiedere protezione. “Chiedere asilo presso i consolati italiani,” aggiunge l’avvocato, “non solo concettualmente non è possibile, ma sarebbe anche considerato un atto di ostilità verso le autorità e i governi dei paesi ospiti.”

Sì, ok l’ingresso in Europa; ma non potrebbero comunque evitarsi quel viaggio bestiale su gommoni e barconi fatiscenti? In realtà no, considerato che alla maggior parte dei cittadini extra-Ue per salire su un aereo diretto nel vecchio continente è richiesto di possedere un visto, il cui ottenimento è complicato e costoso, quando non impossibile.

[…]

Per rendere meglio l’idea, l’avvocato fa un esempio: “Se un funzionario ministeriale del proprio paese con un bel posto di lavoro e un bel reddito si presenta al consolato italiano dicendo ‘ho comprato un pacchetto Valtur per me e per tutta la famiglia per 20 giorni,’ il visto turistico glielo danno di corsa. Se, invece, a presentarsi è una persona che dichiara di non avere lavoro, o di averne uno insufficiente, e dice di voler andare in Italia in vacanza ospite da amici, al consolato gli diranno che intende abusare del visto per turismo per poi restare illegalmente alla scadenza, e glielo negheranno. È fin troppo evidente.”

Il diniego per “rischio migratorio” a partire dal reddito può condurre a situazioni tipo quella capitata qualche giorno fa una donna del Gambia, che aveva richiesto un permesso temporaneo di 30 giorni per raggiungere in Italia il figlio, rifugiato politico, e partecipare al suo matrimonio con una ragazza piemontese. Nonostante lei avesse seguito tutte le procedure e specificato le ragioni del viaggio in Italia, l’ambasciata ha rifiutato il visto perché “le informazioni fornite per giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto non sono attendibili.”

Per l’avvocato Paggi, “chiedersi con tono sospettoso perché chi migra verso l’Europa non prenda l’aereo invece del barcone suona tanto come quella battuta che si attribuiva alla regina francese Maria Antonietta: ‘Il popolo protesta perché non ha pane? Che mangino brioches’.”

Sostanzialmente, semplificando per chi non capisse, o non volesse capire un linguaggio un filo più tecnico: chi parte da paesi afflitti da guerra, carestia, fame endemica e discriminazione parte anche perché in quei paesi non gli sarebbe consentito partire, in quanto affetti da

particolari condizioni di vulnerabilità dei soggetti, quali per esempio motivi di salute o di età, ma anche una grave instabilità politica del paese di origine, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani verificatesi nello stato di provenienza, carestie, disastri naturali o ambientali,

ovvero

atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e\o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie rifiuto di accesso ai mezzi di ricorso giuridici e conseguente sanzione sproporzionata e discriminatoria azioni giudiziarie o sanzioni penali come conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo comporterebbe la commissione di crimini o reati atti specificamente diretti contro un sesso o contro l’infanzia

Pensiamo il caso dell’Eritrea, dove, per ragioni dovute alla legislazione locale nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni di età e tutti sono tenuti al servizio militare a tempo illimitato, di fatto bloccando tutti i cittadini al loro paese fino alla terza età ed oltre.

Ingiusto, direte voi: ma ovviamente non potete lamentarvi di un’ingiustizia verso la persona che vi sta sottoponendo alla stessa. E per presentare il vostro caso ad un ente terzo, dovete scappare

Ha senso quindi fare i conti in tasca a chi fugge da carestia, discriminazione e morte? Sì, se siete persone con la cattiveria nel cuore o mematori interessati a incitare le folle.

Altrimenti, no.

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