Continental Breakfast, la disturbante opera d’arte sulla tecnologia

di Bufale.net Team |

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Continental Breakfast, la disturbante opera d’arte sulla tecnologia Bufale.net

Sta circolando sui social un’opera d’arte dagli stessi molto incompresa, Continental Breakfast di Anna Uddenberg. Opera a metà tra la mostruosa tecnologia organica di Hans Giger e il bondage sadomaso, erede tematico del Mr. Roboto degli Styx, Continental Breakfast trasforma il confine del “comodo” nella schiavitù e nell’oggettificazione.

Continental Breakfast, la disturbante opera d'arte sulla tecnologia (opera di Anna Uddenberg)

Continental Breakfast, la disturbante opera d’arte sulla tecnologia (opera di Anna Uddenberg)

La parte più fotografata dell’installazione viene infatti “completata” dal corpo umano di una modella, che “calata” in una poltrona dal design organico e alieno assieme, non dissimile da uno sgabello ergonomico ma insieme più grottesca e “distorta”, viene da essa intrappolata ed esposta allo sguardo lascivo dell’uditorio.

Una modella in un abito professionale, non a caso in inglese una “power suit”, un vestito professionale che ostenta “potere” si ritrova privata di ogni potere, intrappolata in una comoda ma terrorizzante poltrona e incapace sia usare liberamente il suo corpo, sia andarsene, sia di sottrarsi all’essere divorata dagli sguardi dell’uditorio.

Ovviamente questo è una metafora dello stesso spettatore.

Continental Breakfast, la disturbante opera d’arte sulla tecnologia

Il senso dell’opera è che, nell’evo postmoderno, siamo esattamente come quella modella, resi schiavi dalla tecnologia, ma di una schiavitù che noi stessi abbiamo voluto e continuiamo a volere.

The problem’s plain to see, too much technology
Machines to save our lives, machines dehumanize

Cantavano gli Styx in Mr. Roboto, ovvero traducendo

Il problema è assai chiaro: troppa tecnologia
Macchine salvano le nostre vite, macchine ci tolgono l’umanità

Basti pensare a come un mese di inaccessibilità di ChatGPT, peraltro risolto quando OpenAI ha assicurato le minime garanzie di Privacy, ha scatenato un assurdo dibattito con persone pronte a rinunciare al concetto stesso di Privacy per il giocattolo nuovo.

In un mondo in cui la tecnologia è parte così pervasiva delle nostre vite da fare in modo che la guerra del presente preveda anche manipolare e controllare l’informazione in un mondo dove la gente ormai crede più a quello che vede su un monitor che non a ciò che è fuori dalla finestra di casa, il problema di come la tecnologia per molti abbia smesso di essere uno strumento e sia diventata dipendenza è evidente.

Anna Uddenberg, classe 1982, è un’artista che ha deciso di rendere tale rapporto di dipendenza palese. Non a caso la sua ultima esposizione alla Galleria Meredith Rosen si chiama “Continental Breakfast”, “Colazione Continentale”.

Piano fisico e piano metaforico

In questo caso il riferimento è alla “colazione continentale” fornita in alberghi e hotel. Spesso un pallido surrogato della robusta colazione che faresti effettivamente a casa, una quantità di beni mediocri percepiti come un gran lusso in un mondo dove le elite accettano il breve e momentaneo lusso dell’hotel e del volo in città sempre meno ospitali per il popolo.

Nel mondo della Uddenberg il borghese del 2023 ha scelto di stringere un rapporto sadomaso con la tecnologia, lasciandosi cullare, viziare, ricoprire di vantaggi e lussi in cambio di tutto se stesso.

Nel piano metaforico la modella cede la sua stessa autonomia alla comodità, diventando schiava dell’oggetto industriale e di design e parte immobile e incapace di muoversi nello stesso.

Nel piano reale, noi tutti siamo la modella, pronti a cedere enormi quantità di dati, a scegliere di delegare alla tecnologia anche quello che potremmo fare da noi, accettando di cedere ogni singolo dato, ogni fibra del nostro essere, svuotare il nostro reale nel virtuale fino a vivere un’esistenza social nella quale fare a meno dei social sarebbe come strapparci le nostre stesse membra.

La grande domanda è “Quanto siamo disposti a concedere di noi all’algoritmo sedotti dalla promessa di una vita migliore”?
Anna Uddenberg sembra risponderci: tutto.

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