Carta di identità negata a figlia di coppia omosessuale: arriva il lieto fine

di Shadow Ranger |

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Carta di identità negata a figlia di coppia omosessuale: arriva il lieto fine Bufale.net

Carta di identità negata a figlia di coppia omosessuale è un titolo che non volevamo davvero leggere, ma che nasce da un bizzarro incrocio di norme.

Il Diavolo fa le pentole e non i coperchi: quando l’attuale governo in carica si era posto l’obiettivo di cancellare le menzioni di Genitore 1 e Genitore 2, spingendosi a retconnare la menzione Nomi dei genitori o chi ne fa le veci inserita nei documenti di identità sotto il governo Renzi, aveva evidentemente intenzione di esibire una prova muscolare. Colpire uno dei cavalli di battaglia della passata amministrazione, raccogliere il consenso di costoro per cui famiglia significa scrivere madre e padre su un documento.

Non aveva previsto che nel 2019 possono accadere una serie di situazioni che rendono necessaria una certa flessibilità.

Soluzioni moderne per un’età moderna, sentenzia una lunga serie di battute, ed ecco che è la piccola Anna (nome di fantasia) a fare spese del passo indietro nostalgico-sovranista.

La famiglia di Anna è infatti un modello assai diverso dal modello tradizionale, ma attenzione, non meno degno di rispetto.

Anna è infatti figlia di due madri: concepita mediante donazione del seme, Anna è stata adottata dalla compagna della madre, con tanto di sentenza passata in giudicato, essendo a tutti gli effetti figlia delle due donne.

Il problema, ricordato dal Corriere Veneto, è arrivato quando, attualmente, la bambina (che ora ha sei anni) si è trovata nella necessità di ottenere un documento di identità. Documento che, naturalmente va richiesto da ambo i genitori.

E finché tale richiesta veniva formalmente effettuata da i genitori o chi ne fa le veci, nessun problema. Anche se fosse stata effettuata da genitore 1 e genitore 2, non ci sarebbero stati problemi, dimostrando che entrambe le menzioni sono ben altra cosa rispetto al capriccio che il “patriotta da tastiera medio” ha invocato per anni (dimostrando così poca lungimiranza e poco senso civico, esibendosi nella mera piaggeria).

Ma con la menzione obbligatoria del padre e della madre, un qualsiasi documento richiesto da ambo le donne per la loro figlia sarebbe stato un potenziale falso in atto pubblico, e nessuna amministrazione locale poteva prendersene la responsabilità, in quanto

«Il mese scorso abbiamo chiesto le fosse rilasciata la carta d’identità – racconta la mamma biologica della bimba – e abbiamo subito intuito che non sarebbe stato semplice. Gli impiegati dell’Anagrafe si sono dimostrati collaborativi ma, dopo qualche telefonata andata a vuoto, non sapevano come compilare i dati anagrafici. Inserire un nome palesemente femminile di fronte alla dicitura “padre”, tanto voluta da Salvini, rischierebbe infatti di trasformare quel documento in un falso». Negli uffici della Municipalità si è presentata anche la legale Valentina Pizzol, che con il collega Umberto Saracco ha seguito la coppia durante la vertenza per l’adozione di Anna. «Alla fine gli impiegati hanno preferito sospendere l’emissione della carta d’identità della bambina – spiega il legale – e chiesto chiarimenti al ministero dell’Interno che però, a distanza di oltre due settimane, ancora non ha risposto». Risultato: la piccola veneziana è senza carta d’identità. E nella stessa condizione rischiano di ritrovarsi anche gli altri figli delle famiglie arcobaleno, pur riconosciuti dalla sentenze dei tribunali.

Ma come sempre nelle storie più belle, alla fine è giunto il lieto fine.

Il problema è nato da una norma oggettivamente ingarbugliata e non più aderente alla mutevole realtà dei nostri tempi? Ecco che la soluzione viene trovata non già dal “cavillo”, come potrebbero insinuare i meno attenti, ma da una vera scappatoia inserita nella medesima norma, e lasciata “troppo in largo”

Giornalettismo ci esplica la brillante soluzione proposta dalla legale avvocatessa Pizzol:

Come spiega Valentina Pizziol, la legale che insieme a Umberto Saracco ha assistito la coppia, si è deciso infine di virare su un documento di identità in formato cartaceo e non digitale. In questo modo la compilazione della carta d’identità avviene direttamente per mano degli impiegati dell’ufficio Anagrafe. «Nella versione cartacea rimangono i vecchi termini “genitore 1” e “genitore 2” – prosegue Pizziol -. Il Comune può optare per questo formato in presenza di “gravi motivi” che, nel caso in esame, risiedono proprio nella difficoltà di rilasciare il documento visto che il decreto ministeriale non disciplina l’ipotesi di un minore con genitori dello stesso sesso».

Riassumendo il sillogismo:

Problema:l’attuale formulazione della normativa relativa al rilascio della carta di identità non consente più l’utilizzo delle dizioni genitore 1 e 2 e genitori o chi ne fa le veci

Eccezione: Per una serie di gravi motivi che non consentono il rilascio del documento digitale può essere rilasciato un documento cartaceo, equipollente alla carta di identità ed identico alle carte di identità “vecchio stile” ancora nelle tasche dei cittadini che le hanno ottenute anteriforma e che può essere rilasciato con le vecchie diciture

Soluzione: In base agli elementi di fatto, la stessa attuale normativa relativa alla Carta di Identità digitale è diventata la condizione ostativa che impedisce alla piccola Anna il suo ottenimento, e quindi la stessa è stata munita di un documento altrettanto valido, riportante i dati di entrambi i genitori.

Solitamente, la clausola di fuga viene attivata, ad esempio, per i casi di smarrimento, in caso di tempi di rilascio troppo estesi o quando il soggetto ha urgenza di ottenere una Carta di Identità nuova, ad esempio per un viaggio prossimo o per scadenze elettorali o di lavoro.

In questo caso, semplicemente, si è considerato l’incidente normativo un grave motivo di fatto, e del tutto legale, per provvedere al rilascio di urgenza.

Resta comunque un grave incidente normativo che auspichiamo sia presto risolto: di fatto una crescente fetta della popolazione Italiana rischia di vedersi privata del proprio diritto fondamentale ad avere documenti senza colpe.

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