Lo sappiamo, ci sono falsi miti sulle AI come ci sono falsi miti su tutto. Abbiamo di fatto intere pagine di articoli sulle AI e su come esse abbiano, nel bene e nel male, cambiato il panorama dell’informatica.
Alcuni falsi miti sulle AI, rivisitati
Del lavoro? Forse. Del futuro? Non sappiamo, ma possiamo vederlo.
Parola di Giovanni Sannino, Head of Operation IT & Services di Sirti Digital Solutions: no
Così fosse, dopo ogni Rivoluzione Industriale avremmo perso irrimediabilmente posti di lavoro, che invece si sono trasformati. Le catene di montaggio non sono sparite, si sono arricchite di complessi macchinari che richiedono personale in grado di costruirli, ripararli e aggiornarli.
Rispetto al 1800 una fabbrica è molto diversa, ma non ha smesso di esistere. L’esempio proposto è quello biomedicale: una IA potrà leggere i risultati delle TAC per cercare anomalie, ma non solo onde evitare errori tipici di alcune IA, ma per la natura stessa della professione medica la “seconda opinione” di un medico umano sarà sempre imprescindibile.
Certo, ogni trasformazione richiede nuove figure e nuove competenze, e tutti dovranno imparare alternativamente a lavorare con le IA o difendersi dalle IA, e non sarà facile.
Ma il mercato del lavoro esisterà anche dopo.
Le AI sono uno strumento. Se tu non interpelli la AI, la AI non ti risponderà ovviamente. Specialmente in questa fase, saper fare la giusta domanda (il “prompt”) fa tutta la differenza del mondo, e servirà un umano che sappia interrogare, programmare, “nutrire” e scatenare la AI.
Puoi creare un ChatBOT, una AI che prenda il tuo posto in molte occasioni critiche.
Creare una rete neurale che automatizzi dei processi, ma come detto prima, dovrai semprre controllarla. Altrimenti?
Altrimenti potrai imbatterti in casi come quelli di un ChatBOT usato per la vendita convinto, col “prompt” giusto, a vendere tutte le auto in catalogo per un dollaro, come un personaggio di Robocop.
Se vuoi fallire rapidamente, certo.
Come ricorda Giuseppe Frison, Gruppo Carel, la AI non è veramente reattiva: può segnalare anomalie partendo dai dati inseriti, supportando le decisioni “al momento” e consentendo di simulare dei cambiamenti.
Ma una volta appurato che il problema esiste, dovrà essere l’umano a cercare di risolverlo.
Queste due affermazioni sono speculari, ed entrambe dipendono dal caso di specie.
Casi come quelli già visti sulla confabulazione, il fenomeno per cui se interroghi una AI per ottenere un risultato piuttosto che ammettere di non averlo mentirà sono legati a modelli basati sui dati
Una AI non è cognitiva, non ha il senso critico per riconoscere il giusto e lo sbagliato: ha la capacità di interpellare dati valutando quanti concordino con la domanda e quanti no, lavorando sulla quantità e non sulla qualità e sul senso critico
Una diversa AI potrà agire in un modo diverso: e quindi è importante non solo la AI, ma chi l’ha “nutrita” e come.
Seriamente: voi pensate che il ragazzetto con ChatGPT 3.x gratuito possa ottenere gli stessi risultati del professionista abbonato a ChatGPT4, oppure della ditta che può permettersi di sviluppare soluzioni AI integrate?
L’illusione che le AI siano democratiche è un azzardo: ancora una volta il vantaggio sarà per chi potrà permettersi la AI più “nutrita” e più adatta alle sue esigenze.
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