BUFALA Equitalia chiude, è game over – bufale.net

di Shadow Ranger |

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Gira ormai da mesi un testo chiaramente copincollato dalle roboanti promesse. Vi risparmio la copia del testo, ma ve ne fornisco una sinossi, perché possiate capire di cosa stiamo parlando.
Secondo tutte le possibili permutazioni di questa bufala una Importante Sentenza del TAR Lazio nr. 6884 (e di che anno? NdA) avrebbe sancito che,

siccome gran parte del personale che firma gli accertamenti non ha i requisiti di “dirigente”. La conseguenza è che tali atti sono nulli e, con essi, anche le successive cartelle Equitalia.

Tale conclusione è il frutto di una grossolana semplificazione e mistificazione. Non è insomma, del tutto esatta, e la parte esatta della stessa non ha le conseguenze che l’articolo inferisce, ma va sviscerata ed esaminata.
Ma ancor prima di entrare nel merito invito il lettore ad una breve riflessione sulla natura di Equitalia. Equitalia non è, per sua costituzione ente impositore, bensì è ente esattore. Chi diffonde scientemente tali bufale confonde i due istituti, che sarò qui a spiegarvi brevemente.
Il cittadino, nella sua vita pubblica, contrae quotidianamente svariati debiti con lo Stato in cui vive. Matura debiti sottoforma di tasse ed imposte, in quanto egli fruisce di una panoplia di servizi dallo Stato (strade, scuole, sanità…) e viene chiamato a contribuire al mantenimento della macchina-stato in proporzione alle sue capacità di guadagno, talora diviene oggetto di sanzioni pecuniarie a cagione della sua inottemperanza a prescrizioni dello stesso (ad esempio riceve multe per aver parcheggiato sulle strisce pedonali o sui parcheggi per disabili, non resiste alla tentazione di aprire una finestra dove non dovrebbe…)… alla fine matura una serie di debito verso lo Stato, nelle sue molteplici e proteiformi partizioni, dall’Agenzia delle Entrate fino al Comune.
Lo Stato è quindi creditore verso il cittadino, e, trasmessi i dati di tali crediti ad un ente ulteriore, Equitalia, dà (per spiegarsi in modo semplice e banale) allo stesso l’incarico, in suo nome ed in suo conto, di provvedere a recuperare quei soldi nel minor tempo possibile per consegnarli al creditore.
Va da sé che se davvero (ma così non è) fosse possibile arrivare al tanto desiderato game over, ovvero la “chiusura” di Equitalia, quei crediti non svanirebbero come per magia: i debitori resterebbero debitori, ed i creditori resterebbero tali.
Semplicemente gli enti impositori, ovvero le varie “ripartizioni” dello Stato, non potrebbero che attivarsi di prima persona, o costituire un nuovo ente esattore allo scopo.
Tirando le somme, era uso in tempi risalenti che un creditore particolarmente “signorile” e poco incline a “sporcarsi le mani” pagasse uno o più “messi” allo scopo di recarsi quotidianamente dal debitore ricordandogli il suo debito e le intenzioni del creditore di ricorrere alle vie giudiziarie in caso di mancato soddisfacimento del proprio credito. Se per anche per ipotesi il debitore fosse riuscito a convincere i “messi” a cessare le loro visite, avrebbe per caso cancellato il debito nei confronti del creditore principale? Non credo proprio.
Ciò posto, possiamo passare alla sentenza contestata, i cui corretti estremi sono Tribunale Amministrativo Regionale Lazio – Roma, Sezione 2 – Sentenza 1 agosto 2011, n. 6884, come tale reperibile nei seminari e biblioteche giuridici sia in integrale che massimata (ovvero con una sinossi, corretta e perita, effettuata da appositi uffici all’interno delle Corti di riferimento e non da anonimi sulla Rete).
La massima del caso riporta:

La reggenza dell’ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questi limiti, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali.

La questione è quindi evidente, ed il rescritto dell’intera storia lo potrete trovare nel testo della sentenza del caso: un cittadino, identificato come Di., ha

 proposto ricorso per l’annullamento della delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle Entrate, indicata in epigrafe, con la quale è stato modificato l’art. 24 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, consentendo il conferimento, fino al 31 dicembre 2010, di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale.

Ottenendo che tale regolamento fosse modificato in modo da “restringere” l’accesso dalla qualifica dirigenziale e limitare il ricorso alle “reggenze” da parte di non aventi diritto.
Il che, è anche plausibile.
basta. Questo è tutto quello che la sentenza dichiara, precisando le ragioni per cui il ricorso di Di. è stato ritenuto meritevole di accoglimento.
Ogni questione riguardo la validità degli atti prodotti da Equitalia, che nel caso, si ricorda, coinvolgerà (nei modi che analizzeremo in seguito) solamente alcuni atti, e non certo Equitalia nel suo complesso, né tantomeno tutti gli atti di Equitalia, è una interpolazione, una ipotesi, un wishful thinking ammantato di una certezza che non è ammissibile.
Complica ulteriormente la vicenda il ricorso alla figura del c.d. funzionario di fatto, la figura giuridica variamente esaminata di colui che occupa una carica di funzionario non a lui dovuta, per qualsiasi ragione, ed in tale capacità compie determinati atti. Gli interessati all’approfondimento troveranno una sinossi su Overlex, ricordando che, se come generale rule of thumb la dottrina di favore nei confronti del debitore porta alla conservazione degli atti favorevoli nei confronti di terzi ed alla caducazione degli atti sfavorevoli (cosa che i vari articoli presenti su Internet trasfigurano nella fantomatica “chiusura di Equitalia”), restano aperti gli scenari più complessi. Si faccia, come da citazione di seguito, l’esempio dei coniugi sposati da un individuo non in possesso della titolarità necessaria per  stipulare il vincolo di coniugio.

Si riscontra, pertanto, una situazione, in cui l’”apparenza” prevale sulla realtà, nella particolare eventualità, in cui dei privati percepiscano l’attività dell’agente apparente, come materialmente imputabile all’Amministrazione e vengano in considerazione provvedimenti che, se reputati operativi, comportino effetti favorevoli nella sfera giuridica dei destinatari. E’ chiaro, in relazione all’art. 113 c.civ., l’effetto “favorevole” del conseguimento dello stato coniugale di due soggetti, che abbiano maturato la convinzione di instaurare un rapporto matrimoniale. Accanto all’esigenza di tutelare l’affidamento vi è quella della conservazione dell’attività amministrativa, quando questa attenda a interessi pubblici di rango primario. Può, più chiaramente, ritenersi che il principio conservativo e quello di tutela dell’affidamento si presentino strettamente collegati, ove si consideri che si ritengono “da salvare” solo quegli atti amministrativi del funzionario apparente, da cui non discendano conseguenze pregiudizievoli per i privati.

Va, inoltre, considerata l’esigenza della continuità dell’azione amministrativa, la quale assume rilievo preminente, soprattutto ove si condivida la tesi, che delimita l’ambito delle funzioni di fatto alle ipotesi di attività necessarie e indifferibili, relative a situazioni di emergenza, rappresentate, ad esempio, da stati di isolamento di una parte del territorio nazionale o da calamità naturali. In vicende simili, occorre assicurare un margine di stabilità all’ordinamento, e si ritiene di poter conseguire questa finalità, attraverso l’imputazione all’Amministrazione degli atti compiuti dagli agenti apparenti. Questa opinione avalla talmente l’esigenza della continuità, oltre che della conservazione, dell’attività amministrativa, al punto da considerare imputabili all’Amministrazione gli atti compiuti dall’usurpatore di pubbliche funzioni. Si sana, pertanto, un comportamento illecito di un soggetto, che illegittimamente assume un potere pubblico. Si comprende, in ogni caso, che una siffatta sanatoria non può andare entro certi limiti, al fine di non pregiudicare l’esigenza di certezza del diritto. Ciò spiega per quali ragioni l’usurpazione di pubbliche funzioni è sanabile, secondo l’impostazione in esame, solo quando siano compiuti dall’usurpatore atti indifferibili, per i quali è prevista una scadenza tassativa, e questi comportino effetti favorevoli ai loro destinatari. Va, altresì, precisato che nella nozione di “funzionario di fatto” non possono farsi rientrare le ipotesi di sommosse popolari e di rivoluzioni politiche. La fattispecie esula dal diritto amministrativo in senso stretto, per riguardare principalmente il diritto costituzionale. Viene in considerazione un conflitto, fra un ordinamento in fase di crisi e un altro, che tenta di prevalere sul primo; pertanto, ove un privato compia un atto, concernente un pubblico ufficio, è illogico imputare tale atto al pubblico ufficio medesimo, in quanto esso fa parte di un ordinamento, che si sta tentando di sovvertire.

Quindi abbiamo già stabilito uno spartiacque: almeno eventuali atti “favorevoli ed indifferibili” sono e restano del tutto validi, a prescindere dalla qualità di “Falso” o “Vero” dirigente che li ha emessi.

Nondimeno, potremmo esaminare gli atti emanati dal dirigente privo di requisiti atti nocivi, non positivi, quindi degni di caducazione (le tanto vituperate “Cartelle” risultano tra questi). Potremmo, ma in questo caso dovremmo consultare la nota della Commissione Tributaria di Messina del 7 marzo 2013, divulgata già nell’Aprile dello stesso anno presso il quotidiano di settore Italia Oggi, chiara nello stabilire che:

Gli atti in questione mantengono validità se favorevoli al privato (si tratta di un’applicazione del principio dell’apparenza ed è questo il caso in cui può parlarsi propriamente di funzionario di fatto), illegittimi […] per difetto di competenza, se sfavorevoli. La sorte degli atti sfavorevoli dipende dai successivi accadimenti. Se la nomina (pur illegittima) non viene impugnata o, comunque, annullata, l’atto si convalida, mentre in caso contrario esso (ove non impugnato unitamente a quello di nomina) diviene illegittimo ed impugnabile).

Secondo tale chiarissimo ordinamento, riassumendo, possiamo stabilire chiaramente che:

  1. Equitalia non andrà incontro a nessun game over, continuando ad esistere, immutata, ma “costretta” ad una particolare attenzione nella selezione dei propri dirigenti, limitando “supplenze” e “reggenze” al minimo
  2. Non già tutti gli atti, ma solo quelli emessi da alcuni funzionari sono passibili di invalidità
  3. Di questi atti, gli atti in favore del debitore sono automaticamente “sanati”, o meglio, mai stati nulli in quanto emessi da funzionario di fatto, o apparente
  4. Degli atti a sfavore del debitore restano validi gli atti non ritualmente impugnati, ovvero compiuti da funzionario la cui nomina non è stata oggetto di impugnazione nei termini rituali

Riguardo al punto 4 Italia Oggi precisa come

Un numero crescente di contribuenti punta su una interpretazione molto più semplice, ricorrendo contro il Fisco, ossia sul fatto che nel momento in cui viene meno la nomina di un dirigente, con provvedimento del tribunale, automaticamente sono nulli tutti i suoi atti.

Tale tentativo è possibile, auspicabile, ma per le anzidette ragioni non è affatto detto che la questione sia così semplice. Gli atti a rischio, e solo quegli atti andranno ora esaminati con cura. Bene farebbe chi ha ragione di ritenersi vittima di un provvedimento potenzialmente afflitto da simili ragioni di invalidità ed illegittimità ad attivarsi nel minor tempo possibile recandosi presso patronati, tributaristi ed esperti in materia giuridica e tributaria onde valutare con la massima attenzione la propria posizione ed avvalersi degli strumenti forniti dal diritto.
Vagheggiare la “chiusura di Equitalia” non servirà a niente, incolpare acriticamente legislatori e magistratura di fare “leggi e leggine” servirà solamente a scaricarci dalla coscienza il peso di aver lasciato ogni tutela (a nostro vantaggio!!) intentata per inseguire le facili sirene del “link di Internet”.
Esaminando i vari link a corredo è quindi possibile ora dare un giusto valore al consiglio, sensatissimo, di ricorrere senza indugio ai Tribunali Amministrativi… ma con la doverosa mediazione di esperti.
Vieppiù che una mera scansione delle date porterà ad appurare che, se davvero, come propalato dalla bufala tutti gli atti di Equitalia fossero stati nulli, dal 2011 ad oggi noi cittadini ne avremmo subito effetti tangibili. Così non è stato, ed anzi non per colpa di “legislatori e magistratura”, ma per colpa della disinformazione molti cittadini rischiano, ogni volta, di perdere l’occasione di adire le vie giudiziarie a soddisfacimento del loro interesse, attendendo risoluzioni semplici e “senza impegno alcuno” da parte loro.

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