ALLARMISMO BUFALA MA QUALE CELIACHIA – Chiamatela Roundup – Sono 12 mila anni che l’umanità si nutre di frumento senza problemi, ma ecco di colpo l’emergenza “intolleranza al glutine” …le cause? Chiedetele alla Monsanto! – bufale.net

di Redazione-Team |

bufala sindaco di lonigo
ALLARMISMO BUFALA MA QUALE CELIACHIA – Chiamatela Roundup – Sono 12 mila anni che l’umanità si nutre di frumento senza problemi, ma ecco di colpo l’emergenza “intolleranza al glutine” …le cause? Chiedetele alla Monsanto! – bufale.net Bufale.net

monsantoceliachiaMolte bufale herpes sono pericolose non solo in quanto ciclicamente reiterate, ricondivise di profilo in profilo, di portale in portale, ma perché spesso si arrogano il diritto di discutere di problei molto più complessi, spesso anche relativi a salute ed altri temi che dovrebbero essere affrontati solo con gli strumenti adatti.

Così quando un nostro contatto ci scrive:

Ciao ^^ ho letto questo,volevo sapere un vostro parere se possibile

Abbiamo rintracciato l’antecedente letterario sul portale Rischiocalcolato.it e su un blog personale)

Sono almeno 12 mila anni che l’umanità mediterranea si nutre di frumento, senza problemi. E di colpo, ecco sorgere la “intolleranza al glutine”, con relativo ipersviluppo degli affari relativi a questa “malattia”: paste senza glutine a 5 volte il prezzo delle normali, prodotti bio dove l’etichetta dichiara “senza glutine”, cibi spesso a carico del servizio sanitario nazionale… Il glutine è un veleno? Si deve sospettare del grano geneticamente modificato?

Per una volta no. Anche se c’entra il Roundup, il diserbante della Monsanto, specifiamente concepito dalla multinazionale per essere usato in abbondanza coi suoi semi geneticamente modificati (modificati appunto per resistere al diserbante, che uccide tutte le erbacce) .

Come ha scoperto la dottoressa Stephanie Seneff, ricercatrice senior al Massachusetts Institute of Technology (MIT), da una quindicina d’anni gli agricoltori americani, nelle loro vastissime estensioni, hanno preso l’abitudine di irrorarle di Roundup immediatamente prima della mietitura.

Troverete il resto dell’articolo ai link indicati. Di seguito vi forniamo l’analisi che già raggiungemmo all’epoca, per ora, in sintesi che dimostreremo di seguito, vi faccio notare l’enorme fallacia su cui si poggia l’intero articolo.

Dicesi fallacia di falsa causa: l’esempio che viene fatto, in modo pregnante ma ilare, è l’effetto serra.

È di evidenza che l’effetto serra è molto più sentito nei nostri giorni, per tutta una serie di ragioni. Altrettanto evidente è il fatto che nel 1700 l’effetto serra non era né studiato e neppure percepito.

Parimenti, è evidente che nel 1700 i pirati solcavano i mari: la fallacia di falsa causa è quella che potrebbe portare un osservatore distratto ad affermare, con assoluta convinzione e presentando dati certi ed inequivocabili che i pirati ed i corsari hanno il potere di tenere lontano l’effetto serra e per salvare la natura bisogna convincere gli stessi a tornare a solcare i mari sui loro vascelli agitando i loro uncini, sciaboloni e vessilli col teschio incrociato.

Sarebbe un’analisi rapida e veloce, basata su fatti, ma del tutto inesatta.

Analizziamo invece i fatti.

Storia della Celachia

La Celachia è una malattia autoimmune dell’intestino, provocata principalmente da fattori genetici (e dunque dev’esserci una predisposizione congenita, ma approfondiremo in seguito). E’ vero che negli ultimi anni sembra essere iniziata una vera e propria campagna di sensibilizzazione, se non una vera e propria guerra, contro il Glutine, agente primario che provocherebbe i disordini intestinali, ma ciò non vuol dire che sia una novità in campo medico.

Tale malattia era già conosciuta nel secondo secolo avanti Cristo da Areteo di Cappadocia, medico greco che per primo osservò il fenomeno senza però mai riuscire a darne una spiegazione. Si dovette aspettare il 1856, quando Francis Adams ebbe sottomano il trattato di Areteo in cui ne parlava, in concomitanza con l’osservazione di alcuni suoi pazienti che presentavano gli stessi sintomi di quelli di quest’ultimo.

Nel 1887, il pediatra Samuel Gee fornì una descrizione dettagliata nei bambini in occasione della Great Ormond Street Hospital tenutasi nello stesso anno. Dichiarò inoltre che l’unico modo per poter curare i pazienti affetti dalla Celachia (termine che adottò dai testi di Areteo) era per mezzo di una dieta, ma con le conoscenze scarse per l’epoca propose l’eliminazione di alimenti che invece potevano essere benissimo consumati.

Riprenderanno gli studi Christian Archibald Herter nel 1908, con il suo trattato dove definì la Celiachia “infantilismo intestinale”, e successivamente Sidney V. Hass nel 1924. Tutti proposero diete su diete da seguire, eliminando elementi che talvolta potevano essere invece tranquillamente consumati, ma solo nel 1940 si fece il collegamento con il grano, proposto dal pediatra olandese Willem Karel Dicke. A contribuire nella scoperta fu la carestia olandese del 1944, dove il grano scarseggiava e i suoi pazienti mostravano un deciso miglioramento della situazione.

Il collegamento con il Glutine, invece, venne effettuato dal gruppo di ricerca di Birmingham nel 1952 e due anni dopo venne osservata l’atrofia dei vili intestinali correlata alla Celiachia dal medico John Paulley che prelevò dei campioni durante un’operazione.

Nel corso degli anni 60 vennero chiarite altre caratteristiche della malattia e nel 1965 venne riconosciuta la componente ereditaria (ergo: genetica).

La storia degli OGM avrebbe inizio all’incirca nel momento in cui l’essere umano ha iniziato i processi di coltivazione, dove, pian piano, iniziò a selezionare le specie, ottenendo per mezzo della Selezione Artificiale delle nuove varietà. Si dovrà però aspettare il 1973 prima di poter assistere ad una vera e propria rivoluzione nel campo dell’ingegneria genetica che porterà poi a coniare l’acronimo OGM (Organismo Geneticamente Modificato, GMO in inglese), con la modifica del batterio Escherichia coli (E.coli) per mezzo di enzimi chiamati Enzimi di Restrizione, in grado di legare a specifiche sequenze di DNA e di recidere la sequenza a partire da quel punto, per poter poi trasferire la sequenza voluta nel genoma dell’organismo desiderato. Ed è solo nel 1974 la Monsanto rilascerà nel commercio il Roundup contenente il Glifosato, pertanto la storia che la Celiachia sia una invenzione degli ultimi anni decade per evidenti testimonianze storiche, di cui la prima risalente a più di 2000 anni fa. Senza contare che ormai la Monsanto non detiene più i diritti per la produzione del Glifosato e a produrla sono ormai molte più industrie del settore agricolo.

Glifosato: formula e meccanismo di azione

Il Glifosato è un analogo dell’aminoacido Glicina e inibitore dell’enzima EPSP sintasi, o anche 3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi, enzima che partecipa nella penultima fase della Via dello Shikimato, fondamentale per la biosintesi degli aminoacidi Fenilalanina, Tirosina e Triptofano.

Questo enzima è presente nei cloroplasti delle piante ed è fortemente sensibile al Glifosato, in quanto vi si lega ad un sito particolare della proteina andando a coprire il Sito Attivo (la parte della proteina enzimatica dove il substrato, la o le sostanze da modificare, vanno a legare per il processo), impedendo dunque ai composti (fosfoenolpiruvato e lo Shikimato-3-fosfato) di potersi condensare. Tra le varie strategie per contrastare l’effetto del Glifosato è quello di far produrre maggiori quantità dell’enzima EPSP da parte della pianta, oppure quella di far produrre una versione che non lega al Glifosato. Quest’ultima possibilità viene dalla EPSP sintasi proveniente dall’Agrobacterium tumefaciens, la cui isoforma è immune al Glifosato.

Lo “studio”

L’articolo redatto da A. Samsel e S. Seneff non potrebbe essere definito uno studio scientifico in senso stretto, in quanto l’intero articolo è una summa di altri studi condotti attraverso una sperimentazione diretta (PDF dell’articolo). E’ quasi più assimilabile ad una tesina di scuola media superiore, contenente per lo più materiale e analisi altrui effettuate con diverse metodologie e posologie.

Iniziamo col dire che A. Samsel è un consulente in pensione che ha lavorato per la Arthur Little, mentre Stephanie Seneff avrà anche una laurea in Biofisica, ma ha poi ottenuto un Master in Ingegneria Elettronica e un Dottorato di ricerca in Ingegneria Elettronica e Computer Science. La prima laurea, in Biofisica, non è da se garanzia di assoluta ragione nel campo biomedico, anzi, visto che si occupa prevalentemente di ricerche sull’intelligenza artificiale.

Appena dal 2011 ha iniziato a scrivere articoli di natura medica, 7 come prima autrice. Tutte le figure in questo documento sono state create dalla Dr.ssa Nancy Swanson, un fisico, un tempo impiegata dalla marina e attualmente proprietaria di una società ed esperta di sistemi ottici.

Ritenere il contrario rientrerebbe nella fallacia di ipse dixit, o la fallacia di Aristotele: ritenere inoppugnabile un singolo testo contro tutte le evidenze scientifiche contrarie solamente perché il suo estensore ci sta più “simpatico” degli altri.

Ma passiamo ora all’analisi del testo che ha redatto assieme a Samsel: possiamo già affermare che si tratta di un’opera molto faziosa e speculativa.

“Celiac disease, and, more generally, gluten intolerance, is a growing problem worldwide, but especially in North America and Europe, where an estimated 5% of the population now suffers from it.”

“La Celiachia, e, più generalmente, l’intolleranza al Glutine, è un problema crescente nel mondo, specialmente nel Nord America e in Europa, dove si stima che ora il 5% ne soffre”.

Falso. Mentre la Celiachia è andata incrementando, la prevalenza dei non celiaci intolleranti al glutine, negli anni 2009/2010, è stata stimata allo 0.6% circa.

Nota: è da sottolineare che l’intolleranza al glutine non è necessariamente Celiachia.

“Celiac disease patients have an increased risk to [ sic ] Non-Hodgkin’s Lymphoma, which has also been implicated in glyphosate exposure.”

“I pazienti Celiaci hanno un incremento di rischio al Linfoma non Hodgkin, che è stato anche implicato all’esposizione al Glifosato”

Il rischio di Linfoma non Hodgkin nei pazienti celiaci è diminuito negli ultimi anni. Pertanto, in contraddizione con quanto dichiarato dagli autori, non vi è alcuna evidenza di un qualche legame con l’esposizione al glifosoma.

“Glyphosate is known to inhibit cytochrome P450 enzymes.”

“Il Glifosato è noto per inibire il Citocromo P450”.

Gli autori sostengono che l’inibizione della P450 provoca qualche tipo di tossicità, ma la loro è un’informazione ingannevole! Non viene tenuto conto che ciò è riferito ai Citocromi P450 delle piante, senza considerare i larghi studi effettuati sui Citocromi P450 dei topi e dell’uomo. In questo caso, i principali 3 Citocromi P450 non vengono inibiti.

“Deficiencies in iron, cobalt, molybdenum, copper and other rare metals associated with celiac disease can be attributed to glyphosate’s strong ability to chelate these elements.”

“Carenze di ferro, cobalto, molibdeno, rame e altri rati metalli associati alla Celiachia possono essere attribuiti alla forte proprietà del Glifosato di chelare questi elementi.”

Anche questa affermazione è ingannevole. E’ riconosciuta la proprietà chelante del Glifosato su alcuni metalli, ma non sono state presentate evidenze che provino la sua reale interazione all’interno di un intestino umano.

Il grafico

Vogliamo sottoporvi un’analisi in merito al primo grafico presente nell’articolo in analisi.

celiachia

Nella figura viene affiancato un grafico sulle dimissioni ospedaliere di pazienti in seguito alla diagnosi per Celiachia e l’uso del Glifosato sul grano. Le fonti in merito non sono fornite all’interno dell’articolo di Samsel e Seneff.

Il grafico è fuorviante. Esso mostrerebbe un aumento, di ben tre volte, del numero di dimissioni ospedaliere in seguito alla diagnosi per Celiachia, ma l’indicazione del numero di test diagnostici effettuati non equivale alla prevalenza della malattia. Inoltre, ci sono poche informazioni su come la prevalenza della malattia sia cambiata effettivamente nel corso del tempo.

Di fatto, il grafico riportato non si può considerare una reale prova che il glifosato causi la Celiachia.

Gli errori degli autori dello “studio”

Gli autori di questo studio hanno commesso dei gravi errori.

Essi ritengono che se due cose seguono un andamento simile (vedi il grafico precedentemente citato) allora ci deve essere un rapporto di causa-effetto. Le teorie riportate nel loro articolo sono spesso distorte e presentano una sola associazione, senza tenere in considerazione ulteriori elementi di prova che invaliderebbero le loro ipotesi.

Gli autori non citano i numerosi studi che riguardano la sicurezza e l’attività biologica del glifosato. Questo dimostra che gli autori hanno poco interesse ad un’analisi obiettiva. Citiamo qualche esempio:

  • vi è uno studio pubblicato nel 2000 dove si dimostra che il glifosato non si accumula nel tessuto animale.
  • vi è uno studio pubblicato nel 2012 sugli esiti evolutivi e riproduttivi nell’uomo e negli animali dopo l’esposizione al glifosato: “In conclusion, the available literature shows no solid evidence linking glyphosate exposure to adverse developmental or reproductive effects at environmentally realistic exposure concentrations“.
  • vi è uno studio pubblicato nel 2012 in merito al glisofato e i tumori: “Our review found no consistent pattern of positive associations indicating a causal relationship between total cancer (in adults or children) or any site-specific cancer and exposure to glyphosate“.

Gli autori dello studio non considerano alcuni concetti base della Tossicologia. Acqua e arsenico sono entrambi tossici a seconda della quantità consumata (ingerire troppa acqua in brevi intervalli di tempo può arrecare danni fisiologici per iponatriemia). Fornire dei test dove degli animali vengono esposti a grandi quantità di una sostanza non è la stessa cosa che esserne esposti a piccole quantità. Della serie “il caffè fa male”, ma dipende quanto ne assumi. In merito a questo, gli autori citano uno studio (Gasnier et al., 2009) il quale però è stato effettuato con dei test in vitrio su cellule umane con quantità variabili di glifosato. Gli autori non sottolineano il fatto che l’effetto tossico è stato visto solo ad un livello di gran lunga superiore a quello che risulterebbe dalla presenza di glifosato nella dieta di tutti i giorni. È come se qualcuno avesse ingerito una bottiglia di Roundup non diluito.

Gli autori confondo i termini “prevalenza” e “incidenza“:

La prevalenza è una misura di frequenza, una formula ad uso epidemiologico mutuata dalla statistica. La prevalenza è il rapporto fra il numero di eventi sanitari rilevati in una popolazione in un definito momento (od in un breve arco temporale) e il numero degli individui della popolazione osservati nello stesso periodo. Per migliorare la leggibilità del dato si moltiplica il risultato per una costante (pari a dieci od un suo multiplo).

L’incidenza è una misura di frequenza, una particolare relazione matematica utilizzata in studi di epidemiologia, che misura quanti nuovi casi di una data malattia compaiono in un determinato lasso di tempo (ad esempio può essere rapportato ad un mese od un anno), il suo fine ultimo è quello di stimare la probabilità di una persona di ammalarsi della malattia in oggetto di esame.

Ad esempio, la prevalenza di Celiachia è stimata circa l’1% della popolazione in molti paesi. Nel caso della Celiachia, solo il 15% dei casi (prevalenza) negli Stati Uniti sono stati diagnosticati. Fortunatamente la medicina continua a migliorare e i medici riescono a diagnosticare con maggior certezza la malattia (incidenza) e più persone vengono sottoposte ad una biopsia intestinale. Non c’è motivo di pensare che i cambiamenti siano dovuti all’esposizione al glifosato.

Nel loro “studio” non è stato compiuto alcun esperimento di sorta per convalidare le proprie idee o invalidarle. Uno studio come si deve deve riportare un’osservazione sulle informazioni disponibili, lo sviluppo di un ipotesi ed infine la sperimentazione. Per gli autori, invece, sembra che la sola ricerca sistematica per le potenziali associazioni sia più che sufficiente.

Gli autori, inoltre, non hanno scelto di collaborare con scienziati esperti nei settori pertinenti della malattia e della tossicologia. Abbiamo di fronte un consulente in pensione e un esperta di ingegneria informatica che negli ultimi anni si è dedicata allo studio da autodidatta sulla prevenzione e sull’alimentazione senza una reale preparazione in materia. Nessun esperto in tossicologia, nessun esperto di glifosato, nessun esperto di Celiachia.

Già in passato molti lettori hanno espresso le loro perplessità riguardo alla validità scientifica dello “studio” dei due “ricercatori”. Uno in particolare è quello legato al fatto che tale “studio” avrebbe ottenuto il “peer-review” o “revisione paritaria”, ossia la validazione scientifica. Tutti possono averla, basta pagare.

I due ricercatori “fai da te” hanno pubblicato il loro “studio” presso due riviste. Il documento riportato da “La Stella”, e da chi hanno copiato, è stato pubblicato da una rivista slovacca, la Interdisciplinary Toxicology, nel dicembre 2013 (Interdiscip Toxicol. 2013 Dec; 6(4): 159–184.), la quale tuttavia riporta un impact factor molto basso: zero virgola spiccioli.

L’altra rivista dove è stato pubblicato lo “studio” è la Entropy, una rivista “open access” pubblicata da un editore cinese. È considerata un “predatory journal“, infatti Entropy è conosciuta per pubblicare qualsiasi cosa purché l’autore paghi. Impact factor? Eccolo: link.

La ricerca su Entropy ebbe il seguente percorso:

“Received: 15 January 2013 / Revised: 10 April 2013 / Accepted: 10 April 2013 / Published: 18 April 2013”

Capite, quindi, che a pubblicare per prima lo “studio” è stata la Entropy.

Spiegando il concetto di Impact Factor, tra una ricerca pubblicata su una rivista con scarso impact factor ed una notizia pubblicata con IF maggiore c’è, sostanzialmente, la stessa differenza tra un testo approvato ed un autoprodotto.

La semplice pubblicazione, in campo scientifico, non è garanzia di niente.

In merito alla Seneff, non è la prima volta che si occupa del Roundup e del Glifosato, infatti se ne occupò trattando il tema dell’autismo. In merito a quel caso se ne occupò anche Snopes.

In sintesi, possiamo ritenere il collegamento alquanto allarmistico.

Articolo aggiornato e modificato su base di David “Tyto” Puente

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